Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Admin (del 20/03/2013 @ 10:05:11, in Yoga, linkato 6304 volte)
"Nessua goccia del tuo sangue sfugge all'azione della forza gravitazionale"
L’uomo trascorre la maggior parte della sua giornata in posizione verticale; la forza di gravità attrae la sua corrente sanguigna, gli organi interni, l’energia, la coscienza. I risultati sono evidenti: vene varicose, disturbi alle gambe e ai piedi, tossine nell’addome e nei genitali, un generale abbassamento degli organi viscerali, e persino dei muscoli facciali, una senso di pesantezza in tutto il corpo che si accentua quando il vigore della giovinezza cede il passo all’età matura. Gli organi che si trovano al di sopra del cuore, come il cervello ad esempio, pure soffrono dello stesso problema.
È ovvio che questa spinta verso il basso lavora in direzione opposta a quella che lo yogi vuole ottenere, cioè l’elevazione dell’energia e della coscienza. Egli, per mezzo delle posizioni rovesciate, si libera dalle catene di questa forza e la utilizza a suo vantaggio, così ristabilendo l’equilibrio.
L’utilizzo sistematico della forza di gravità per influenzare la circolazione sanguigna è un elemento esenziale delle asana. Le asana hanno come effetto o scopo quello di far affluire sangue verso certe parti del corpo, in genere zone che hanno un urgente bisogno di irrigazione sanguigna supplementare o, al contrario, di farlo defluire da altre zone. Ogni posizione modifica l’andamento della circolazione del sangue per gravitazione, di conseguenza, durante una prolungata immobilità, l’insieme della massa sanguigna si adatta alla situazione particolare del corpo. L’azione della forza di gravità agisce in maniera dolce, continua, uniforme, senza richiedere altro sforzo da parte dell’allievo se non quello della resa. Per la posizione sulla testa ciò risulta evidente, ma questo è anche il caso di tutte le altre asana. Ogni asana condiziona così la circolazione in un suo modo particolare, e ciò in gran parte grazie all’immobilità, che permette alla forza di gravità di esercitare una sua azione: infatti il sangue tende ad accumularsi nelle parti basse del corpo.
Le posizioni capovolte rinvigoriscono tutto l’organismo, attivano zone impigrite, stimolano la circolazione e tonificano il sistema endocrino. Il sangue e la linfa accumulati negli arti inferiori e nell’addome, sono fatti defluire verso il cuore, poi fatti circolare verso i polmoni, purificati e rimessi in circolo verso tutte le parti del corpo. Il respiro diviene lento e profondo, portando al massimo lo scambio tra anidride carbonica e ossigeno e favorendo, in genere, una corretta respirazione diaframmatica. La circolazione venosa di ritorno viene accelerata e ciò condiziona il buon funzionamento del cuore, che può rimettere nella circolazione arteriosa soltanto il sangue che affluisce dal circuito venoso. Le posizioni capovolte fanno confluire un maggior volume di sangue arterioso fresco e ben ossigenato al capo e cioè verso i principali organi dei sensi (occhi, orecchie, ecc.) e verso il cervello. Inoltre, i movimenti ritmici del diaframma massaggiano gli organi addominali in modo efficace e nello stesso tempo dolce e possente. La respirazione addominale diviene sempre più ampia, dolce e ritmica, anche nelle persone molto tese. È doveroso menzionare l’azione decongestionante di tale respirazione sul plesso solare, cervello addominale vegetativo. Esso è il plesso dell’ansietà sul quale si esplica l’effetto calmante, riposante della respirazione addominale.
L’esercizio quotidiano delle posizioni rovesciate riduce le vene varicose, le emorroidi, gli esagerati desideri sessuali, l’abbassamento addominale, la fatica, il senso di pesantezza. Stimola il cervello e tutti gli organi situati nella parte alta del corpo, rinfresca l’epidermide e le conferisce un aspetto giovanile, rinforza la memoria, favorisce la concentrazione e aumenta la nostra consapevolezza.
Si astengano dal praticare asana capovolte le persone che soffrono di disturbi cardiaci, pressione alta, patologie alla colonna vertebrale, ipertensione, diabete, stipsi cronica, disturbi oculari, otopatie.
Non praticate nessuna asana capovolta se vi sono gas o fermentazioni intestinali, se il sangue è eccessivamente impuro (per evitare che le tossine vadano al cervello), durante le mestruazioni (per evitare che il sangue entri nelle tube di Falloppio), o nell’ultimo periodo di gravidanza.
Si astengano dal praticare Sirshasana o kapalasana le persone in soprappeso e quelle con il collo debole, tutti coloro i quali soffrono di ernie cervicali, o di un’eccessiva cifosi o anche solo di un pronunciato urlo represso; insomma se vi risulta difficile allineare le vertebre cervicali a quelle dorsali è fortemente sconsigliabile praticare posizioni sulla testa. Considerate che ogni posizione in cui il capo si trova al di sotto del bacino può essere considerata una posizione capovolta. Dunque perché rischiare le preziose vertebre cervicali gravandole di un peso eccessivo o forzandole in una posizione scorretta? Evitate inutili esibizionismi, siate saggi ed eseguite semplicemente il cane a testa in giù. Infine ricordatevi di togliere le lenti a contatto.
A cura di
Antonio Pellecchia
www.yoghiamo.it
Di Admin (del 08/03/2013 @ 10:34:25, in Yoga, linkato 4840 volte)
Un saggio illuminato conosciuto col nome di Patanjali, in un'epoca storicamente imprecisata (che secondo alcuni oscillerebbe tra il II secolo A.C. e il III o V secolo D.C.) codificò lo Yoga in un'opera unica nel suo genere: gli Yogasutra - 196 aforismi - giunti fino a noi grazie a una ininterrotta trasmissione orale, definita col termine paramparâ, da bocca a orecchio, da Maestro a discepolo. Se sia stato davvero lui a redigere gli yoga sutra non ci è dato saperlo, secondo l'ipotesi più probabile il testo è stato rivelato da diversi maestri ispirati, che lo hanno trasmesso oralmente ai loro allievi. Poi verso l'inizio dell'era critiana il testo è stato redatto per iscritto. Aderiamo quindi alla ragionevole conclusione di T.K.V. Desikachar: sono gli aforismi di Patanjali, ma non necessariamente scritti da Patanjali.
Il significato del nome Patanjali è formato da: Pat = discendere, cadere; Anjali = gesto di preghiera con le mani tese a forma di coppa.
La tradizione riportata da T. Krishnamacharya, racconta che, in tempi antichi, gli esseri umani erano incapaci di comunicare efficacemente tra loro per mezzo della parola e regnava una grande confusione. Così si riunirono e pregarono Dio di venire in loro aiuto. Toccato dalla loro domanda, Dio inviò sulla terra uno dei suoi Avatar, sotto forma di un serpente. Il serpente, dopo aver rivelato la sua natura divina, insegnò all'umanità la grammatica, la medicina e lo yoga.
Negli Yogasura Patanjali enuclea dei principi, dei punti di sviluppo, e primo fra tutti comincia a strutturare la conoscenza dello yoga. Egli afferma che lo yoga si sviluppa su 8 piani o su una Sadana, un percorso, di 8 tappe. Dunque Yama e Nyama sono le prime due tappe di un percorso (Sadhana) di realizzazione che si sviluppa in 8 punti.
- Yama: astensioni, atti da evitare, per far si che l’individuo sviluppi se stesso.
- Nyama: osservanze, per far si che l’individuo sviluppi se stesso.
- Asana: posture, esercizi fisici atti a produrre l’adattamento affinché questo sviluppo avvenga.
- Pranayama: generalmente mal tradotto col termine controllo del respiro. Sta in realtà a significare “conosci il respiro”, “conosci il soffio”, “l’energia”, “i flussi” che vivono in te e attorno a te.
- Prathiahara: ritorna a te, richiama i sensi.
- Dharana: concentra te stesso, conosciti come punto centrale delle cose, come punto da cui tutto si dipana.
- Dyana: lascia che questo punto si espanda. Dyana è la meditazione, l’espansione.
- Samadhi: comprendi tutto in questo punto.
YAMA
I 5 YAMA
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Interpretazione tradizionale
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Senso reale
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Non violenza
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(poni fine alla violenza)
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Non mentire
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(sii vero, conosciti come sei)
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Non rubare
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(sii onesto, astieniti dal furto)
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Non fare sesso
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(non disperdere)
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Non attaccamento
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(contentati di quel che hai)
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AHIMSA Il primo dei 5 Yama è generalmente tradotto col termine: non violenza. Preferiamo tradurre questo precetto senza usare il non, e intenderlo nel senso di: finisci la violenza, poni fine alla violenza, resta nella tua pace, elimina il conflitto, elimina le contrapposizioni. Ahimsa significa astensione dal nuocere, quindi innocenza, non-violenza e per estensione mansuetudine. È il fare senza nuocere.
SATYA Significa non mentire, ma in verità intende: sii vero, sii reale, sii presente a te stesso, conosciti così come sei.Satya è veridicià, aderenza al vero, sincerità (soprattutto con sé stessi), autenticità, al di là dei ruoli e delle funzioni, delle maschere e delle convenzioni
ASTEYA È tradotto non rubare, ma anche questa volta preferiamo evitare il non, e intendere questo precetto nel suo significato più reale. Asteya significa: sii onesto, astieniti dal furto, o meglio elimina la dispersione. Conosci la tua verità, la tua qualità. Asteyaè onestà, astensione dalla cupidigia, liberazione dall'avidità. Tradotto in termini occidentali, non desiderare.
BRAHMACHARIA È il termine che meglio si presta a diversi livelli interpretativi. È comunemente tradotto come non fare sesso. Crediamo tuttavia che il suo significato reale sia: elimina la dispersione nella tua vita, sii coerente, sii concreto.
APARIGRAHA Non-attaccamento, essere liberi dalle cose inutili (non necessarie), distacco, astensione dalla bramosia del possedere. Il senso di Aparigraha è contentati di ciò che hai, dai valore a ciò che sei. Vivi totalmente ciò che sei e esprimi totalmente ciò che hai. Sii te stesso.
NYAMA
SAUCHA Significa purezza, fai albergare in te la purezza. L’azione pura è un’azione che sposa il momento, e si manifesta nell’adattamento.
SANTOSHA Satosha è contentezza, appagamento, felicità della mente indipendentemente da ciò che si "ha" o non si "ha". Appagamento significa vivi pienamente quel che hai. Consuma ciò che hai; consumare non nel senso di bruciare tutto, vuol dire vivilo, prendilo in te, comprendilo pienamente in te. La contentezza è la capacità di cogliere comunque e sempre l’aspetto positivo di quanto ci accade.
TAPAS Significa frizione, calore. Alcuni lo traducono come austerità, sacrificio, ma il senso reale è: produci il calore in te, lascia che il calore si manifesti in te. Tapas è l'ascesi, l’ardore, il fervore nel lavoro, il desiderio ardente di evoluzione spirituale in relazione a qualsiasi limitazione e costrizione di sé per lottare contro i propri vizi.
SVADHYAYA Swa significa sé, io. Yaya significa studio.Svadhyaya è lo studio del sé, studio di te, della tua interiorità, del tuo mondo interiore. Svadhyaya tradizionalmente definisce la recitazione di testi sacri e mantra e pertanto alcuni lo rendono come “preghiera”, altri come “studio della propria tradizione”, ma è anche lo studio di se stessi, la ricerca interiore.
ISHVARA-PRANIDHANA Riconosci il signore, o riconosci la forza che ti vive. Ishvarapranidhana è l’abbandonarsi alla divinità, la totale dedizione al Signore, la resa al Signore di tutte le nostre azioni, sentire che tutto ciò che esiste è impregnato della Coscienza del Creatore (Ishvara), sentire che Egli è costantemente presente fuori e dentro il mio ed altri corpi ed in ogni cosa.
A cura di Antonio Pellecchia
www.yoghiamo.it
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